“Tu non mi capisci!”: gli stili di comunicazione inefficaci

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“Tu non mi capisci!”: gli stili di comunicazione inefficaci

Sentirsi compresi e accolti nelle proprie difficoltà è un aspetto importante dell’esperienza umana. Chi ha avuto la fortuna di incontrare persone con la capacità di ascoltare in modo attento e interessato, può avere un’idea di quanto questo possa essere importante per alleggerire il peso di piccoli e grandi problemi. Inoltre, sentirsi ascoltati ed allo stesso tempo imparare ad ascoltare gli altri, sembra essere fondamentale per creare legami profondi, costruire intimità e favorire spontaneità nelle relazioni. Anche il modo in cui noi parliamo a noi stessi, il cosiddetto “dialogo interiore”, talvolta può essere il risultato di modalità interiorizzate di stili comunicativi poco efficaci: possiamo dirci, nella nostra testa, le stesse cose che ci siamo sentiti dire in passato da figure significative di fronte ad una difficoltà. Una modalità che, non è escluso, potremmo utilizzare a nostra volta nelle relazioni con l’altro

Gli stili di comunicazione inefficaci

Gazda individua 9 stili di comunicazione inefficaci: il detective, il mago, il caposquadra, il giudice, il guru, il sergente istruttore, il cartellonista, il floricultore, il profeta (Gazda, 1991). Con un esercizio di fantasia, poniamoci nei panni di un insegnante al quale un alunno, riferendosi ad un gruppo di coetanei, si rivolga dicendo: ”Non mi hanno lasciato giocare con loro!” ed esploriamo le diverse risposte:

  • Il detective. “Chi è che non ti lascia giocare?”; “quando è successo?”; “dove eravate?”. Si preoccupa di cogliere i fatti del caso. Interroga sui dettagli dell’accaduto e risponde al contenuto dei fatti anziché porre attenzione sui sentimenti, su come si sente la persona.
  • Il mago. “La ricreazione è finita quindi adesso non c’è più nessun problema, no?”. Il mago fa sparire il problema.
  • Il caposquadra. “Mi aiuti a distribuire questi compiti scritti?”. Il caposquadra ritiene che il problema non esista se si riesce a tenere la persona occupata in altro.
  • Il giudice. “Rammenti di quando ieri non hai giocato lealmente? E’ naturale che oggi non vogliano giocare con te!”. Il giudice fornisce spiegazioni razionali per dimostrare alla persona che le sue azioni passate sono la causa della situazione presente. Per quanto precise, tali risposte non aiutano.
  • Il guru. Dispensa proverbi e aforismi per ogni occasione. Sfortunatamente le sue parole sono troppo impersonali e generiche.
  • Il sergente istruttore. Fornisce una serie di passi da svolgere affinché il problema venga risolto.
  • Il cartellonista. Dà un’ etichetta alla persona, come se definirla fosse utile a risolvere un problema. (Es. “Sei solo un pessimista!”)
  • Il floricultore. Non è a suo agio nell’affrontare qualcosa di spiacevole. Elude il problema dietro bouquets di ottimismo. (“Ma dai! Si risolverà tutto! Sei in gamba tu!”)
  • Il profeta. Sa e predice esattamente ciò che succederà.

Riconoscere i propri stili inefficaci

Forse avete riconosciuto uno o più di questi stili in qualcuno che vi circonda ed è normale non esservi sentiti compresi. E voi, in quanti di quelli presentati vi siete riconosciuti? Vi capita di fare di tanto in tanto il floricultore? Oscillate tra il guru e il giudice? Quando qualcuno ci accusa, più o meno direttamente, di non sentirsi capito nelle sue difficoltà è probabile che stiamo utilizzando uno dei 9 stili individuati da Gazda. E con voi stessi? In che modo vi parlate? Prestare attenzione e portare la nostra consapevolezza su ciò che agiamo in modo automatico, è il primo passo verso il cambiamento.

Modalità alternative

I 9 stili di Gazda ci permettono, per differenza, di mettere a punto alcune indicazioni di massima su come rendere l’ascolto di noi stessi e dell’altro più efficace.

    • Dare importanza al problema anziché farlo sparire o minimizzarlo.
    • Rispecchiare il vissuto emotivo di chi abbiamo di fronte.
    • Astenerci da giudizi morali, rimproverare, ammonire.
    • Non fornire soluzioni quando non richieste (talvolta anche quando richieste!)
    • Valutare il comportamento e non la persona nella sua totalità.
    • Usare un linguaggio personale evitando citazioni e frasi fatte.

A volte, anche solo prestare attenzione ai propri pattern relazionali apportando piccoli accorgimenti, può aiutare a migliorare sensibilmente la qualità delle nostre relazioni.

BIBLIOGRAFIA
Gazda G.M. (1991), “Sviluppo delle Relazioni Umane”, Roma, Ifrep (trad.it. 1993).
Marcato P., Alfieri G., Musumeci L. (2007), “Ascoltare e parlare. Manuale di comunicazione assertiva”, Bari, La Meridiana.



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