Impotenza appresa: sentirsi con le spalle al muro

impotenza appresa

La sensazione di impotenza, di assenza di speranza è qualcosa che può essere appresa. Talvolta, può essere anche indotta più o meno consapevolmente. Di cosa si tratta? Come proteggersi?

Impotenza appresa: cos’è?

Con il termine “impotenza appresa” (learned helplessness) si intende quel particolare atteggiamento rinunciatario di un soggetto che non cerca di modificare il corso degli eventi, in seguito alla ripetuta esposizione a situazioni incontrollabili. Non ci si sente in grado di esercitare un qualche controllo sugli eventi come se qualunque cosa si faccia, non abbia effetto su ciò che accade. Questo si traduce nell’aspettativa che, anche in futuro, la propria iniziativa personale sarà inefficace e, pertanto, non si proverà nemmeno. Quali le conseguenze? La minore frequenza di azioni volte a modificare gli eventi creerà una sorta di circolo vizioso che rinforzerà la sensazione di impotenza, l’umore depresso e pensieri quali “non servirà a niente”, “è tutto inutile” e così via.

Impotenza appresa: gli studi

Si deve a Martin Seligman il concetto di impotenza appresa. Durante i suoi esperimenti notò che un animale sottoposto ripetutamente a una scossa elettrica senza possibilità di evitarla, messo nelle condizioni di poter fuggire dalla gabbia, non lo faceva. L’animale apprendeva che, qualunque cosa avesse fatto, la conseguenza negativa sarebbe stata inevitabile, pertanto non provava neanche a scappare. Seligman volle verificare se qualcosa di analogo accadesse alle persone. Mise alcuni soggetti in una stanza a svolgere semplici compiti, mentre era presente un fastidioso rumore. Era possibile agire su delle manopole per provare a ridurlo (cosa che in realtà le manopole non consentivano). In un secondo momento, trasferì le stesse persone in un’ altra stanza dove, questa volta, le manopole permettevano la riduzione del rumore. Cosa accadde? La tendenza fu quella di non provare a girarle: avevano appreso, dalla prima situazione, che agire non serviva. Si osservarono, inoltre, effetti negativi sullo stato emotivo. Anche noi, quindi, possiamo apprendere a sentirci impotenti quando vediamo che nonostante le nostre azioni, le conseguenze negative risultano inevitabili. Ci rassegniamo e non agiamo. Fuori dal laboratorio si può generare uno stato analogo in seguito a situazioni che sembrano scoraggiare ogni capacità di resistenza; in molti casi il senso di impotenza si sviluppa in seguito ad eventi che sembrano aver svuotato l’individuo di fiducia, volontà di reazione, capacità di autodeterminazione.

Impotenza appresa: cosa fare?

Fortunatamente non tutti reagiamo allo stesso modo (Seligman, 2013). Vari fattori, individuali e di contesto, possono fare da cuscinetto. Vediamone  alcuni:

  • Cercare attivamente modelli alternativi. Osservare persone rinunciatarie può accrescere nell’osservatore la convinzione di non riuscire (“impotenza vicaria”). Ricercare persone, del presente o del passato, che nonostante vincoli oggettivi hanno individuato modalità alternative di fronteggiamento, può diventare un ingrediente di resilienza.
  • Costruire un ambiente positivo. Strettamente collegato al primo. Circondarsi di persone non inclini all’impotenza è un secondo importante ingrediente.
  • Ironia. Da sempre l’umorismo è stato un potente alleato per fronteggiare situazioni problematiche. Provare a sdrammatizzare o cercare chi sa farlo.
  • Concentrarsi sugli elementi controllabili. Se è vero che esistono aspetti sui quali oggettivamente non possiamo agire, è anche vero che ce ne sono altri sui quali abbiamo ampi margini di azione, nel breve o nel lungo periodo. 
  • Valutazione pragmatica. Come suggerisce lo psicologo Albert Ellis, porsi domande sull’effettiva utilità di alcuni pensieri. Ad esempio: “pensare che non c’è niente da fare, mi aiuta a stare meglio?”; “In che modo continuare a dirmi che non cambierà mai niente salvaguarda la mia salute?”; “Ci sono altri aspetti che posso controllare e che potrebbero aiutarmi a sentirmi potente?”
  • Impegno nella propria comunità. Come affermano Zimmerman e Rappaport (1988), è possibile aumentare fiducia e senso ci controllo sugli eventi, attraverso la partecipazione attiva e l’impegno nella propria comunità.

Conclusioni

Per fortuna il fenomeno dell’impotenza appresa, almeno negli esseri umani, non è necessariamente vincolato a paradigmi stimolo-risposta. Ci sono elementi (biologici, psicologici, sociologici) che possono proteggerci. Se ti sei impegnato a leggere questo articolo e sei arrivato fin qui, probabilmente sei già sulla buona strada.

BIBLIOGRAFIA
Ellis, A. (1962),  “Ragione ed emozione in psicoterapia”,  Roma, Astrolabio, (trad. it. 1989)

Seligman M. E. P e Maier S. F., (1976), Learned helplessness: Theory and evidence , Journal of Experimental Psychology, General, 105, pp. 3-46.

Seligman M. E. P (1990), “Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero”, Milano, Giunti Editore, (trad.it. 2009)

Zimmerman M. A., Rappaport J., (1988), Citizen partecipation, percived control and psychological empowerment, American Journal of Community Psychology, 5, pp. 725-750.



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