Articoli di psicologia

Parti di sè e dialogo interno

Parti di sè Magritte

Quante volte vorremmo fare qualcosa e allo stesso tempo non ne abbiamo voglia? Quanti buoni propositi, magari anche ben pianificati, vengono disattesi come se una forza misteriosa ci remasse contro? Se tutto questo ti sembra familiare, allora ti invito a proseguire nella lettura.

Parti di sè

Sempre più approcci in psicoterapia riconoscono l’esistenza di differenti parti di sé, ciascuna con diversi pensieri, emozioni, comportamenti e motivazioni. Contrariamente al pensiero comune, non abbiamo un sé unitario, integrato e coerente, ma piuttosto siamo costituiti da una varietà di motivazioni e competenze che si combinano e interagiscono fra loro in modi complessi. Siamo generatori di differenti configurazioni di attività cerebrale (Gilbert, 2010). Abbiamo il pattern di attivazione della rabbia che possiamo chiamare “parte” o “sé arrabbiato”. Oppure possiamo attivare il “sé triste”, il “sé ansioso” e così via. Quindi è normale sentirsi a volte indecisi, bloccati, disorientati.

Un condominio affollato

Ebbene si: siamo amministratori di condominio. In che senso? Il nostro lavoro è quello di riuscire a mediare fra i nostri condomini interni e non è un compito facile. Ogni parte di noi è portatrice di un proprio punto di vista. E come se non bastasse, le nostre parti si relazionano fra di loro e con quelle degli altri. Facciamo un esempio. Di fronte ad una critica esterna, potrei sentirmi triste, iniziare a pensare di non andare bene e avere voglia di nascondermi. Ad un certo punto potrei iniziare a spronarmi dicendo che devo reagire, smettere di piagnucolare perché bisogna essere forti e che nessuno si deve permettere di trattarmi in quel modo. Inizio ad arrabbiarmi e comincio a progettare come affrontare la situazione. Tuttavia, passata la carica di energia generata dalla rabbia, iniziando a temere le conseguenze di un confronto, potrei evitarlo. E, forse, ricomincerei a sentirmi impotente perché non riesco a fare quello che mi prefiggo. E di nuovo mi spengo, torno triste e penso di non andare bene.

Parti di sè

Quello che accade è che di volta in volta, mi identifico con una delle mie parti. La incarno. Penso, sento e agisco come se fossi quella parte.

Parti di sè: ipotesi neurobiologiche

L’idea di avere un sé identificabile come un “tutto” coerente e stabile lascia il posto al concetto di una mente piena di motivazioni ed emozioni multiple. Diversi sono gli studiosi che hanno studiato le possibili basi neurofisiologiche delle parti. soprattutto negli studi sulla dissociazione. Un esempio in tal senso è rappresentato dalla teoria evoluzionistica della motivazione (Liotti, Fassone, Monticelli, 2017). L’evoluzione ci ha dotato di sistemi motivazionali differenti, cioè sistemi psicobiologici innati volti ad uno scopo adattivo ben preciso ed individuabili in specifiche regioni del cervello. Ad esempio, come mammiferi abbiamo un sistema di attaccamento che si attiva quando abbiamo bisogno di cure. In quel caso avremo emozioni, pensieri e azioni volti ad ottenere accudimento da un nostro conspecifico. Oppure, potremmo attivare il nostro sistema di accudimento, in cui diventiamo noi prestatori di cure. Questi ed altri sistemi sono collocabili nelle strutture del cervello limbico. Altri sistemi, come ad esempio il sistema di difesa con le sue reazioni di attacco, fuga, congelamento, finta morte, sono collocabili al livello del cosiddetto cervello rettiliano (tronco encefalico). Questi sistemi motivazionali possono attivarsi in contrasto fra loro creando “cortocircuiti” e di cui le parti ne diventano l’espressione metaforica.

Conclusioni

La cosa davvero incoraggiante e confortante è che siamo attrezzati (anche neurofisiologicamente) per diventare un valido e saggio amministratore di condominio! Possiamo imparare a mediare fra le parti e a scegliere l’azione più opportuna in un determinato momento. È un processo sicuramente difficile, ma non impossibile. Come esseri umani abbiamo la possibilità costante di apprendere e le ricerche sulla plasticità cerebrale ce lo confermano. Quindi, perché non ipotizzare la possibilità di un cambiamento? Riconoscere come normali e comprensibili i nostri conflitti interni costituisce il primo passo. Il secondo, è assumersi la responsabilità di utilizzare al meglio il nostro “cervello complicato” per arricchire le nostre e altrui esistenze.

BIBLIOGRAFIA
Van Der Kolk, B (2014), “Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche”, Milano, Raffaello Cortina, (trad. it. 2022)

Fisher J. (2017), “Guarire la frammentazione del sè”, Milano, Raffaello Cortina (trad.it. 2023)

Gilbert P. (2010), “La terapia focalizzata sulla compassione. Caratteristiche distintiva”, Milano, Franco
Angeli (trad.it. 2022)

Liotti G., Fassone G., Monticelli F., (2017), “L’evoluzione delle emozioni e dei sistemi motivazionali.
Teoria, ricerca, clinica”, Milano, Raffaello Cortina.

GROUNDING: cos’è e come può aiutarci

Grounding

Grounding è un termine elettrico che indica un circuito ben collegato al suolo (messa a terra). In un circuito con un buon grounding, ogni dispersione di corrente è portata a terra in modo sicuro senza creare danno. In psicologia è la capacità di dirigere l’energia somatica verso terra, aumentando la sensazione di una base fisica di sostegno e, quindi, la nostra solidità, stabilità e sicurezza.

Riconoscere le emozioni per conoscere se stessi

emozioni

Riconoscere le emozioni per conoscere se stessi

Nella teoria evoluzionistica le emozioni sono considerate processi adattivi che permettono di valutare il pericolo (o altre condizioni), di attivare un comportamento, di comunicare con gli altri membri della propria specie e di adattarsi all’ambiente nel modo migliore possibile (Leahy et all. 2011).