Consapevolezza e cambiamento

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Consapevolezza e cambiamento

Non è raro, durante le sedute di terapia, ascoltare frasi del tipo:”Sono perfettamente consapevole della causa dei miei problemi, ma non riesco a cambiare!”. Un’affermazione come questa sembra tradire un implicito, cioè che la comprensione della natura e delle fonti del problema sia la chiave del cambiamento. Una convinzione diffusa che si manifesta, talvolta, anche nella scelta degli obiettivi terapeutici proposti in seduta: “Voglio capire perché sono così”, “Ho bisogno di sapere perché continuo a farlo”, “voglio scoprire chi sono veramente”. Alcuni autori hanno definito questi come “obiettivi di comprensione intellettuale” (Harris, 2009) che rischiano di portare facilmente ad “un’analisi paralisi” orientando le sedute verso discussioni intellettuali e riflessioni senza fine sul passato invece di sviluppare nuove abilità e agire in direzione del cambiamento.

Dalla consapevolezza all’azione

Se da una parte è possibile condividere l’importanza della consapevolezza dei propri processi disfunzionali, questa da sola non sempre si pone a garanzia di un cambiamento. Scrivono Stewart e Joines:”[…] questa comprensione non è mai vista come un fine in se stesso. Piuttosto è uno strumento da utilizzare nel processo attivo del cambiamento. Il cambiamento in se stesso consiste nel prendere la decisione di agire diversamente e poi nel procedere a farlo […]Berne ha sottolineato questo in una famosa raccomandazione ai suoi pazienti:’prima migliora e poi analizzeremo, se ne hai ancora voglia’”(Stewart, I., Joines V., 1990, p. 348).
Durante la terapia le persone avranno una comprensione su come funziona la loro mente, su come esperienze del passato abbiano in parte contribuito ai problemi attuali. E’ qualcosa che accade durante il viaggio verso l’obiettivo desiderato. A volte può bastare per promuovere atteggiamenti e comportamenti diversi, altre volte è necessario qualche passaggio in più.

Oltre la seduta terapeutica: gli homeworks

A seconda dei vari orientamenti psicoterapici è prevista o meno una collaborazione del paziente anche fuori dalla stanza di terapia. Personalmente non amo il termine “compiti a casa” preferendo a questo altri a mio avviso più responsabilizzanti quali “esperienze di auto aiuto” o “esperimenti sul campo”. Attraverso l’impegno attivo nei contesti di vita quotidiana, la persona può:

  • Sperimentare nuovi modi di agire e nuove decisioni.
  • Generalizzare ad altri contesti le abilità apprese in terapia.
  • Tradurre una nuova consapevolezza in azioni volte al cambiamento degli automatismi affettivo/cognitivo/comportamentali.

In conclusione, ogni esperienza che procede nella direzione opposta agli automatismi consolidatisi nel tempo è un importante fattore di cambiamento. Esperienza che si affianca e potenzia le nuove consapevolezze acquisite nel percorso terapeutico.

BIBLIOGRAFIA
Harris, R. (2009), “Fare ACT. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy”, Milano, Franco Angeli, (trad.it. 2015)

Stewart, I., Joines V. (1990), “L’ Analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani”.
Milano, RCS libri, (trad. it. 2007)



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